Questo splendido cane di nome Pasqualino ha una storia molto travagliata alle spalle. Il quattrozampe ha passato la maggior parte della sua vita libero, per le strade di Roma, insieme a un suo amico randagio. Un giorno, tuttavia, una signora lo ha segnalato alle autorità e lo ha fatto rinchiudere in un canile. Nonostante non avesse fatto niente per meritarselo, Pasqualino è finito in un box.
Fortunatamente a ridargli un po’ della libertà che merita e che tanto desidera è stato il proprietario dell’oasi canina l’Armata dei Randagi, Stefano Di Caprio. Pasqualino ha dovuto affrontare un viaggio di 1400 chilometri dal canile di Muratella a Roma a San Romolo in Liguria, ma la nuova sistemazione è sicuramente migliore del box grigio in cui era costretto a vivere.
Cos’è l’Armata dei Randagi e cosa sta facendo per aiutare Pasqualino a tornare a risplendere come prima
La filosofia del rifugio in cui vive ora è quella di dare una possibilità ai cani che non avrebbero alcuna chance di essere adottati. L’idea di base è quella di dare al cane la possibilità di esprimere le sue potenzialità in un branco già strutturato. Allo stesso tempo i cani dell’armata hanno modo di apprendere le dinamiche sociali che difficilmente imparano in un contesto di sfiducia nei confronti degli esseri umani.
Pasqualino è solo uno degli ospiti dell’Armata dei Randagi, ma la sua storia è una di quelle da continuare a raccontare. Anche perchè, come dice il responsabile del rifugio, dopo il clamore mediatico l’interesse nei suoi confronti e nei confronti degli altri cani come lui si spegne.
“Immaginate di vivere una vita libera, piena di odori, piena di stimoli, una vita colma di senso, di amore, di fratellanza. Adesso immaginate di aprire gli occhi e ritrovarvi soli da un giorno all’altro, tra cemento e fango. Deprivati di qualsiasi forma di stimolo, scaraventati lì, dove ogni istinto si reprime autonomamente. Dove non puoi più essere te stesso. Dove non sei più libero. Pasqualino è uno dei tanti semi selvatici accalappiati ogni anno, inadottabili a causa della loro scarsissima (se non nulla) propensione verso l’uomo, verso la manipolazione.” ha scritto il rifugio raccontando la sua storia.
All’interno dell’Oasi ora sta piano piano riconquistando la sua autonomia. Allo stesso tempo sta cercando di inserirsi nel gruppo formato da altri 13 cani e persino facendo amicizia con qualche umano. Forse il suo destino non è così segnato come forse qualcuno sperava..