Ci sono gesti, parole, simboli che assumono per noi un valore speciale perché ci ricordano esperienze in cui siamo stati bene. Ci dà sicurezza portare con noi un ciondolo o compiere un gesto scaramantico prima di esporci ad un evento.
Le scaramanzie sono un retaggio di antiche credenze popolari, spesso di derivazione religiosa. Alcuni esempi?
Il Gatto Nero. La diceria che il gatto nero porti sfortuna ha origine nel medioevo: i gatti di colore nero non molto visibili nell’oscurità facevano imbizzarrire i cavalli, i quali scaraventavano i cavaliere a terra con estrema violenza. Da qui infatti proviene la diceria che portino sfortuna quando ci attraversano la strada.
I Numeri. La fama iettatoria del numero 17 risale all’Antico Testamento; infatti il diluvio universale iniziò il 17° giorno del secondo mese; secondo un’altra teoria, la sfortuna collegata al diciassette è dovuta al numero romano XVII che anagrammato si traduce nella parola latina VIXI, vissi. Il numero 13 perché è il numero dei commensali seduti all’ultima cena. la superstizione è la risposta funzionale alla mancanza di fiducia nelle proprie forze atta ad esorcizzare l’angoscia del proprio limite umano e della propria fragilità.
Non toccare quella pianta, hai il ciclo, poi appassisce! Questa credenza pone le radici nell’antico testamento dove le donne mestruate erano considerate impure, non degne di toccare alcun essere vivente comprese le piante perché queste sarebbero appassite. C’è una ragione per la quale la donna, durante il suo periodo mestruale, era considerata impura: in quei giorni è difficile concepire un bambino perché si stanno espellendo gli ovuli non fecondati; le Sacre Scritture dovevano impedire rapporti sessuali che non avevano come fine la fecondazione e l’escamotage che si legge nel Levitico è stato così efficace da arrivare ai giorni nostri.
Il contesto della superstizione si configura come elemento transitorio compensatorio; infatti di fronte ad un licenziamento o ad esempio ad una crisi economica, canalizziamo la prova dell’esistenza di una relazione oscura di causa-effetto che ci spinge ad un ingiustificato ottimismo e alla speranza nel fato. In questi casi avviene un processo di compensazione che scongiura inconsciamente un atteggiamento depressivo. In psicoanalisi ci sono due fattori induttivi che configurano l’atteggiamento patologico superstizioso nell’individuo.
1° caso: per sovracompensazione da stress, per cui l’individuo allenta la tensione cui si è sottoposto nell’autogiustificazione che quel che accade non dipende da se’ e che non si può fare nulla per impedirlo.
2° caso: per spostamento, per cui l’individuo proietta la responsabilità al di fuori di sé; infatti non riuscendo a spiegare o a risolvere una certa situazione, ne sposta le cause, gli effetti e la risoluzione, in una sorta di “sfera magica”, esterna alla coscienza e alla responsabilità della persona. In questo caso ci troviamo un atteggiamento patologico, dove l’unico modo per superare ogni difficoltà è rifugiarsi nel miracolo e nell’aggrapparsi a dottrine occulte. Nel peggiore dei modi, il rituale scaramantico può farsi troppo pressante, tanto da diventare una costante ossessiva, tutta la personalità è pervasa dall’ossessione che diviene un limite alle azioni spontanee.
Si tratta di un pensiero superstizioso portato all’eccesso dove non si può più fare a meno di un certo rituale (disturbo ossessivo compulsivo), per esempio non si può uscire di casa senza aver toccato ripetutamente oggetti di ferro, non si può più fare a meno di contare gli oggetti che ci circondano ecc. Tutte azioni compulsive atte a scongiurare l’esito di un evento. Le radici di questa superstizione eccessiva sono conducibili all’educazione ricevuta da piccoli, in particolar modo all’atteggiamento irrazionale dei genitori che raccontano leggende popolate da soggetti pericolosi o che inculcano insegnamenti di minaccia quali i vari “ bau bau” per contenere l’atteggiamento vivace dei bambini.
È importante capire come ogni tipo di rituale interferisce con l’agire quotidiano, la consapevolezza è necessaria per capire se le supestizioni diventano un aspetto limitante della propria vita. Il Caso Clinico:
Un mio paziente, arrivò in psicoterapia lamentadosi di troppa sfortuna. Aveva perso il lavoro: ogni volta che un gatto nero gli attraversava la strada, tornava a casa terrorizzato da un’imminente disgrazia. In una circostanza aveva addirittura tamponato una macchina. Il paziente riferiva che il tamponamento era la prova tangibile della sfortuna portata dal gatto, come anche il suo licenziamento.
Il problema era che per raggiungere il luogo di lavoro, il “paziente sfortunato“, doveva passare per un quartiere ricco di gatti randagi e, a distanza di tempo è stato licenziato per le troppe assenze. Ora vi chiedo, è realmente una persona sfortunata? Semplicemente è una vittima ansiosa della sua stessa superstizione che gli offuscava la lucidità invalidandogli la vita.
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