Il progetto della Nasa mirato a realizzare stazioni fotovoltaiche nello spazio ha scatenato un dibattito tra gli scienziati: ecco i possibili vantaggi e le criticità
Secondo un recente studio effettuato dalla Nasa, l’agenzia spaziale americana, produrre energia rinnovabile attraverso le centrali fotovoltaiche spaziali avrà un costo superiore rispetto ai normali impianti terrestri ma rappresenterà in ogni caso una sfida da affrontare per produrre grandi quantità di energia pulita e ridurre le emissioni.
La Nasa sta cercando di escogitare soluzioni sempre più ottimizzate al fine di supportare l’energia solare in orbita. L’ente spaziale americano è ormai impegnato da tempo nello sviluppo di tecnologie che dovranno anche fungere da supporto alle tante missioni che sono in programma nei prossimi decenni e che richiederanno un largo impiego di energia. Ma quali sono i reali vantaggi connessi alla realizzazione di centrali fotovoltaiche spaziali?
I vantaggi
Questa tipologia di impianti avrà il compito di raccogliere in orbita l’energia solare per poi trasferirla a una o più stazioni sulla Terra dove avverrebbe la conversione in elettricità e la consegna alla rete o alle batterie per lo stoccaggio. Grazie a queste centrali rivoluzionarie, secondo gli esperti, si potranno fornire grandi quantità di elettricità h24, senza soluzione di continuità, a costi molto contenuti e riducendo concretamente le emissioni di gas serra (GHG) a differenza di quanto avviene attualmente con le tecnologie rinnovabili terrestri.
Si tratta di una soluzione che non convince una parte degli scienziati, scettici sull’approccio di questi nuovi impianti che potrebbero costare miliardi di dollari che invece potrebbero essere impiegati per trovare soluzioni sempre più mirate sul nostro pianeta, danneggiando allo stesso tempo l’ambiente.
Uno scetticismo non condiviso dallo studio dell’Ufficio di tecnologia, politica e strategia (OTPS) della NASA, secondo la quale, le piattaforme fotovoltaiche spaziali rappresenterebbero una soluzione competitiva per la decarbonizzazione del pianeta. Per suffragare questa tesi, Charity Weeden, che guida l’OTPS della Nasa, ha spiegato che sono allo studio “due sistemi concettuali di energia solare basati sullo spazio rispetto al loro potenziale di riduzione delle emissioni nette”.
I sistemi studiati dalla Nasa
Si tratta dell’Innovative Heliostat Swarm derivato dal concept Alpha Mark III e del Mature Planar Array. Il primo progetto si basa sia su riflettori spaziali che su un concentratore per focalizzare la luce solare su impianti fv a terra. Il secondo progetto invece scaturisce da un precedente progetto dell’Agenzia spaziale giapponese, che utilizza pannelli piatti, con le celle solari rivolte lontano dalla Terra e gli emettitori a radiofrequenza (RF) rivolti verso la Terra.
Per verificare la sostenibilità e il ciclo di vita di entrambi i sistemi, si è proceduto ad un confronto sulle emissioni di gas serra con i valori delle tecnologie rinnovabili terrestri. Per il sistema Innovative Heliostar Swarm si è stimato un LCOE di 0,61 dollari/kWh, mentre per il Mature Planar Array LCOE risulta essere pari a 1,59 dollari/kWh, con il lancio che rappresenta il 77% del costo totale.
Si tratta di risultati perfettamente sovrapponibili alle alternative terrestri. La Nasa ha ammesso che questi progetti saranno “più costosi rispetto alle alternative terrestri e potrebbero avere costi del ciclo di vita per unità di elettricità da 12 a 80 volte superiori”, ma il vantaggio si otterrebbe mediante una “combinazione favorevole di miglioramenti in termini di costi e prestazioni relativi al lancio e alla produzione che vanno oltre i progressi ipotizzati nella valutazione di base”.