Il suolo costituisce la superficie della Terra ed è composto da varie miscele: ecco i danni causati dalle tecniche di coltivazione moderne
La maggior parte delle comuni tecniche impiegate nell’agricoltura moderna, come l’applicazione di fertilizzanti sintetici e la monocoltura, possono degradare il suolo nel tempo, causando una serie di problemi che rendono necessario l’uso di ancora più input artificiali, che a loro volta contribuiscono al cambiamento climatico.
Servirebbe lo sviluppo di una nuova tecnica di agricoltura sostenibile e rigenerativa in grado di migliorare la salute del suolo, sequestrando il carbonio, immagazzinando acqua e costruendo ecosistemi agricoli più sani.
Il degradamento del suolo e l’impatto sugli ecosistemi
Il suolo costituisce la superficie della Terra ed è composto da varie miscele (a seconda di dove si vive) di minerali, acqua, aria e materiale organico (compresi microbi e altri organismi).
Non essendo statico la propria composizione è mutevole, in base al clima, agli organismi che lo costituiscono, alle piante che vi crescono e altro ancora. Il suolo, come l’aria e l’acqua, è anche vulnerabile all’inquinamento e può essere danneggiato dalle pratiche agricole industriali. Il suolo può anche essere modificato attraverso pratiche sostenibili, come l’applicazione del compost.
Nelle superfici vivono tanti tipi diversi di organismi, dai batteri ai funghi ai lombrichi. Infatti, un cucchiaino di terreno sano può contenere fino a un miliardo di batteri, oltre a funghi, protozoi e nematodi. Gli organismi sani nel suolo – sia grandi (ad esempio i lombrichi) che piccoli (ad esempio i batteri) – sono importanti, perché svolgono molte funzioni, dall’aerazione, alla creazione di sacche d’acqua nel terreno, alla scomposizione del materiale organico e alla messa a disposizione dei nutrienti per le piante.
Sebbene il suolo sia tecnicamente una risorsa rinnovabile, può impiegare (a seconda del clima) tra 100 e 1.000 anni per svilupparsi – e questa formazione è così lenta che gli scienziati gli applicano il termine “limitato”, perché sebbene sia una risorsa naturale, è vulnerabile al degrado.
L’impatto dell’agricoltura industriale sulla salute del suolo
L’agricoltura industriale influisce negativamente sulla salute del suolo e sull’atmosfera, riducendo la materia organica e rilasciando carbonio. La monocoltura è la pratica di coltivare la stessa coltura sullo stesso appezzamento di terreno, anno dopo anno. Questa pratica impoverisce il suolo di sostanze nutritive (rendendolo meno produttivo nel tempo), riduce la materia organica nel suolo e può causare una significativa erosione.
Le pratiche agricole industriali spesso includono la rotazione della soia e del mais. Tecnicamente, poiché due colture sono in rotazione, questa non viene classificata come “monocoltura”. Tuttavia, questa forma “semplice” di rotazione delle colture non fornisce al suolo gli stessi benefici dei sistemi complessi (in cui tre o più colture vengono ruotate nell’arco di un anno o più). Quando le colture vengono coltivate secondo una rotazione complessa, i rendimenti aumentano fino al 10% in un anno senza siccità.
La monocoltura, o anche la “semplice” rotazione delle colture menzionata sopra, causa una serie di problemi, rendendo necessario non solo l’uso di fertilizzanti sintetici ma anche l’uso di pesticidi per controllare i parassiti, come funghi del suolo, insetti e altri fastidi agricoli. Ecco perchè bisognerebbe sperimentare nuove soluzioni per ridurre l’impoverimento e il degradamento del suolo.