Dalla natura è possibile ricavare energia alternativa che sostituisca quella nucleare, alla quale i cittadini italiani nel referendum del 12 e 13 giugno hanno detto no. Abbiamo visto come sia possibile sostituire nel giro di 10 anni l’energia pari a quella di 3 centrali nucleari sfruttando l’agricoltura, ma la terra non offre solo questo.
“Prospettive di sviluppo dell’energia dal mare per la produzione elettrica in Italia“, il workshop promosso dall’Enea, ci illustra come con gli 8.000 kilometri di costa italiana si possa sfruttare l’energia delle correnti marine. Il potenziale di energia prodotto sarebbe equiparabile a quello di ben 6 centrali nucleari di modello Epr, quelle a cui abbiamo detto no al referendum per intenderci.
Al workshop hanno preso parte illustri scienziati e societĂ internazionali come Vincenzo Artale, responsabile dell’UnitĂ Tecnica Modellistica Ambientale dell’Enea, l’oceanografo dell’Enea Gianmaria Sannino, o Marco Marcelli, fondatore del Laboratory of Experimental Oceanology and Marine Ecology e docente all’UniversitĂ della Tuscia. E se gli altri Paesi quali Norveglia, Protogallo, Regno Unito, Stati Uniti, Giappone e Canada stanno giĂ investendo nel “mare”, l’Italia si sta ora affacciando su questa possibilitĂ .
Basti pensare che le correnti soltanto dello Stretto di Messina basterebbero a dare energia ad una cittĂ di due milioni di abitanti. In merito a questi studi è stato presentato il progetto Enermar all’interno dello stesso workshop, il primo prototipo di una turbina marina ad asse verticale denominata Kobold, installata appunto nello Stretto. Inoltre, grazie ad un brevetto italiano, in ulteriore via di sviluppo, di una diga a cassoni denominata Rewec3 (Reasonant Wave Energy Converter), è stato realizzato un dispositivo avanzato per lo sfruttamento dell’energia ondosa.
Ma se le potenzialitĂ della natura marina sono enormi non bisogna dimenticare di fare attenzione al territorio e al patrimonio naturalistico di alcune zone, come tiene a specificare l’ecologo e oceanologo Marco Marcelli, dell’UniversitĂ della Tuscia.
“Sulle coste -ha avvertito- ci sono enormi attivitĂ ed ecosistemi da salvaguardare, sono dei beni che il progresso deve tutelare. Per questo va rivisto il vecchio Piano nazionale difesa mare e coste del 1982“
Queste verifiche e l’avvio di progetti concreti vanno però velocizzati ed iniziati da subito, perchè la necessitĂ di trovare forme energetiche alternative è imminente e concreta dopo l’esito del referendum. L’Enea infatti giĂ da qualche mese sta mappando le acque del Mediterraneo, grazie ad un finanziamento del Ministero dello Sviluppo Economico di 500 mila euro.
di Brigida Ambrosio
I commenti sono chiusi.