Poteva essere evitato il disastro ambientale del fango tossico in Ungheria, quella fuoriuscita di sostanze dannose in seguito alla rottura di una vasca di decantazione di un’azienda produttrice di alluminio.
La marea di colore rossiccio che ha ormai raggiunto anche il Danubio, poteva essere preventivamente evitata secondo il WWF dell’Ungheria. L’associazione infatti già tre mesi fa aveva segnalato e fotografato lo stato precario dei serbatoi di contenimento di Kolontar; ma a dare evidente sentore dell’imminente catastrofe c’erano anche le non trascurabili perdite dell’impianto di lavorazione dell’alluminio ad Ajka.
Gábor Figeczky, direttore di WWF Ungheria, punta il dito contro la trascuratezza e il fallimento della regolazione, in quanto la fotografia, risalente allo scorso giugno, è stata scattata da una società atta a documentare in generale siti industriali insalubri potenzialmente pericolosi. Egli dichiara: “E’ chiaramente visibile sulla foto scattata nel mese di giugno 2010 che il fango è fuoriuscito e parte del muro di questo decimo stagno è stato indebolito“.
E’ poi accaduto che il muro ha ceduto in un altro punto, ma il fattore grave rimane la trascuratezza della situazione che è poi sfociata in disastro. Sempre nelle fotografie si vede il fango dal colore rossiccio nei canali che circondano la fabbrica.
“Il colore rosso -spiega ancora Figeczky –è generalmente dato dagli ossidi di ferro, che non è solubile in acqua, inoltre è evidente la presenza e l’estensione del percolato contenente altre sostanze tossiche in movimento nel fosso“.
Ad aggravare maggiormente la situazione c’è la vicinanza dei serbatoi a zone abitate, quindi teoricamente si sarebbe dovuto avere un ancor più serrato controllo e rispetto delle norme di sicurezza. Il Governo, sollecitato dal WWF, deve ora compiere indagini sia sui motivi delle non rispettate norme di sicurezza, sia sui restanti serbatoi della Nazione; inoltre c’è bisogno di una mappatura delle zone sul Danubio che sono più a rischio. Una zona particolarmente preoccupante è quella dei giacimenti di Almásfüzitő, situati nei pressi di una zona sismica e paludosa e a soli 80 km a monte della città di Budapest.
Mentre il WWF e il Governo discutono di pratiche soluzioni e prossimi interventi, arrivano da Greenpeace i risultati delle analisi sui fanghi tossici; come previsto le quantità di metalli pesanti sono decisamente elevate e oltre alla presenza di mercurio e cromo preoccupa molto l’arsenico liberato nell’ambiente, stimato attorno alle 50 tonnellate. L’arsenico è estremamente dannoso per piante e animali, senza considerare che intacca il sistema nervoso anche dell’uomo, ed è stato riscontrato in percentuali 25 volte più alte dei livelli normali consentiti nell’acqua potabile. Il preoccupante Ph pari a 13 dell’acqua inoltre, corrode i metalli pesanti accelerandone la diluizione nell’acqua. La situazione globale è piuttosto grave dunque, e ancora una volta a darne l’allarme e la denuncia sono le associazioni e non i Governi.
Brigida