I pesci con un alto livello di isotocina (la molecola segnale ittica equivalente all’ossitocina umana) hanno dimostrato di avere ottime capacità sociali. Lo abbiamo visto con i ciclidi africani e oggi lo vediamo con le cernie e altri serranidi. Una ricerca pubblicata sulla rivista Nature Communications afferma che alcuni pesci riescono a comunicare utilizzano il linguaggio dei segni.
E’ stato osservato che cernie e altri serranidi aiutano i pesci del branco durante la caccia. L’aiuto consiste nel farsi dei segnali. Per esempio, la cernia può “puntare” la testa verso una preda per far capire al “compagno” che la via è libera e può attaccare. I serranidi (quelli osservati sono le cernie della sottofamiglia Epinephelinae e quelli della specie Plectropomus leopardus), attuano un comportamento simile.
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E’ chiaro, anche nei pesci esiste un codice, una sorta di “linguaggio dei segni” già osservato in precedenza nei corvi e nei primati. Le cernie sono famose per il loro lavoro di squdra, infatti sono in grado di cacciare murene giganti e un altro tipo di pesce, comunemente chiamato “Pesce Napoleone”. Quando una di queste prede sfugge all’attacco, le cernie si dileguano… tutte eccetto una. Una cernia torna esattamente nel luogo in cui si è rifugiata la preda. La cernia poi, ruoterebbe il suo corpo puntando la testa verso il basso, gli scienziati hanno osservato che la cernia scuote la testa in avanti e indietro indicando la direzione in cui si trova la preda.
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I pesci della specie Plectropomus leopardus vivono nella Grande Barriera Corallina, sarà stato uno spettacolo per i ricercatori effettuare queste osservazioni. Quello osservato è realmente un linguaggio perché soddisfa tutti i criteri:
-fa riferimento a un oggetto (preda)
-non ha uno scopo meccanico immediato
-è utile solo in specifici contesti
-è rivolto a un destinatario (altro pesce)
-è intenzionale
-ne fa seguito una risposta volontaria da parte di un altro pesce
I risultati dello studio suggeriscono che questi e molti altri pesci, sono più intelligenti di quanto si pensava in precedenza.
Photo Credit: Klaus Jost, University of Michigan’s Animal Diversity