Non manca giorno che la cronaca o i media ci ricordino quanto il femminicidio sia un problema all’ordine del giorno.Carnefici delle donne sono infatti soprattutto padri, mariti e compagni, le stesse persone in cui la vittima ripone fiducia. Forse anche per questo per una donna è difficile capire quando è vittima di violenze e soprusi.
La violenza non è necessariamente fisica, anzi, a volte si tratta esclusivamente di una questione psicologica. Il risultato è però sempre lo stesso: chi abusa soggioga la sua vittima e la confonde, mantenendola dipendente e vulnerabile. D’altra parte chi subisce la violenza non capisce cosa sta succedendo e anziché sentirsi vittima crede di essere responsabile della situazione. Alla ricerca di un legame affettivo, non riesce a mettersi in salvo e crede di poter cambiare il suo carnefice, che invece ha il pieno controllo della situazione.
Come fare a riconoscerlo?L’identikit di una relazione violenta è sempre lo stesso; ecco quali sono secondo i segnali da riconoscere, spiegati dagli esperti:
Lui non dice dov’è, cosa fa e quando tornerà, non comunica cosa intende fare per il fine settimana, lascia quindi in sospeso l’altro che non sa bene come comportarsi e come organizzarsi oppure ne svaluta il lavoro. Frasi tipo “Sei a casa tutto il giorno e non combini niente” oppure “Non mi chiedere sempre cosa faremo sabato, sei ossessiva! Rilassati” sono degli esempi.
Lei viene obbligata a tenere e mostrare tutti gli scontrini, deve pesare le spese fatte e accusata comunque di non saper gestire i soldi. La motivazione: “Tengo io le spese, altrimenti chissà dove finiamo con le tue mani bucate”. Se lei è casalinga non le viene dato denaro sufficiente oppure si mantiene un controllo serrato sulle spese. Ancora, le finanze della famiglia vengono gestite in modo esclusivo, tenendo all’oscuro l’altro dei movimenti e delle spese fatte, gestendo in modo esclusivo il conto bancario comune.
Lui vuole decidere e avere l’ultima parola sull’organizzazione degli spazi e della casa. Racconta Daniela Rossi: “Ho conosciuto una giovane mamma terrorizzata al pensiero del rientro a casa del marito. Lui la criticava puntualmente per il disordine lasciato dai due bimbi di 1 e 3 anni. Le dava della ‘sciatta’ e della ‘cattiva madre’, che ‘non sapeva educare i figli che col disordine mentale che aveva sarebbero cresciuti sbandati’ e così via”.
Lui critica le frequentazioni di lei, svalutandole, insinuando cattive intenzioni da parte delle persone più strette. Frasi-spia: “Tua madre pensa solo a tua sorella”, “La tua amica ti chiama solo quando le fa comodo”, “Non vedi che la vicina ci critica e si sente superiore a noi?”.
In ogni caso è bene precisare che nessuno di questi comportamenti è di per sé un verdetto. Quando, però, dietro all’ossessione per gestire le spese di casa c’è la volontà di controllare il proprio partner facendolo sentire sempre inadeguato, è bene farsi qualche domanda.
Quando, insomma, rispetto, sostegno e spazio cedono il posto a paura e mortificazione dovrebbero scattare campanelli d’allarme. Se una donna non si sente amata con tutti i suoi difetti, ma di dover corrispondere all’ideale dell’altro senza mai riuscirci è il caso che si ponga qualche domanda, ricordando che paura e mortificazione non dovrebbero essere mai presenti.