Nel mondo l’aria è sempre più inquinata e questo sta provocando gravi problemi alla salute delle persone. Secondo quanto si apprende dall’OMS infatti l’inquinamento causa 4,2 milioni di morti ogni anno. L’aria che respiriamo è quindi un fattore che porta numerosi problemi di salute mortali come BPCO, tumori ai polmoni, infarti e ictus.
Inquinamento dell’aria e infarti: il legame
Appare chiaro come le malattie del sistema respiratorio siano legate all’inquinamento dell’aria e questo quindi non stupisce. Non è così intuitivo invece comprendere il legame tra aria inquinata e infarti miocardici o arresti cardiaci. A individuare i legami tra malattie cardiache e inquinamento ci ha pensato uno studio realizzato dalla cardiologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.
La ricerca, pubblicata su JACC Cardiovascular Imaging, ha evidenziato un’associazione tra il livello di esposizione alle polveri fini e la presenza di gravi placche aterosclerotiche. Queste, diventando più significative e aggressive in presenza di grandi quantità di PM2,5, provocano infarti per rottura di placca. Trattandosi del peggiore tra i meccanismi che causano infarti, è chiaro che essi nella maggior parte dei casi diventino mortali.
Dallo studio in questione si evince che nelle persone più esposte a livelli elevati di polveri sottili l’infarto è scatenato dalla rottura della placca aterosclerotica. Le placche di queste persone sono infiltrate da macrofagi e questo provoca problemi di infiammazione che diventa anche sistemica. Secondo il dottor Rocco A. Montone, autore principale della ricerca, a testimoniare questo è l’aumento dei livelli di PCR (proteina C reattiva) nel sangue.
Lo studio
Lo studio ha preso in esame 126 pazienti che hanno avuto un infarto miocardico. Questi individui sono stati sottoposti a OCT (Optical Coherence Tomography), ossia a un’indagine realizzata con un microscopio speciale. Grazie a questo strumento è stato possibile vedere le placche coronariche che si trovano all’interno dei vasi sanguigni.
Con questa tecnica si è notato che le placche rilevate erano maggiori nei soggetti che sono stati esposti a maggiore inquinamento dell’aria. Coloro che hanno respirato aria di pessima qualità nei due anni precedenti infatti hanno subito una sorte peggiore.
Secondo il dottor Rocco A. Montone, lo studio ha per la prima volta dimostrato “che i pazienti che respirano a lungo aria inquinata, in particolare il particolato fine, che penetra in profondità nei polmoni (PM2,5) soprattutto respirando dalla bocca, presentano placche aterosclerotiche coronariche più aggressive”. Tali placche tendono a rompersi in maniera più rapida e quindi è facile per queste persone essere colpite da infarti.