Tra poco più di un mese, un mio caro amico partirà per Matiliku Nzaui, a sud di Nairobi. Qui, nell’Africa Nera, a 1.800 m. di altitudine, il mio amico vorrebbe avviare un allevamento di galline ovaiole per rendere i villaggi adiacenti più autonomi.
Avviare un allevamento di ovaiole nel bel mezzo del nulla non è affatto semplice, nei villaggi non c’è elettricità ne’ acqua corrente: per aumentare la produzione di uova le galline avranno bisogno di lampade luminose e per evitare malattie, necessiteranno di acqua corrente. Una sfida enorme tanto che, come mi ha ricordato Aldebrando, il suo capanno per l’allevamento sembrerà una reggia al confronto delle comuni abitazioni.
L’idea più semplice consiste nell’impiego di pannelli solari per soddisfare il fabbisogno energetico delle lampade. Per l’acqua corrente sarà necessario un pozzo mentre per la gestione dei prodotti, un allevamento di galline ovaiole darà vita a uova, carni e letame. Carni e uova destinati ai villaggi adiacenti, il letame diverrà una fonte preziosa per rendere il terreno fertile, perfetto per la coltivazione di ortaggi e verdure acidofile.
Chi ha già provato a cimentarsi in questa impresa ha dovuto tener testa a diversi problemi, tra questi la diffusione di malattia e i furti: la disperazione e la fame, induce gli abitanti del luogo ad atti estremi.
Altri dubbi sorgono sulla varietà di galline ovaiole da scegliere. Se si scelgono le classiche galline indigene, tipiche dell’Africa occidentale, non si affronteranno problemi di adattamento e la produzione ammonterà a circa 40-100 uova all’anno. Per la resa, quando una gallina non sarà più in grado di produrre abbastanza uova, questa potrà essere impiegata per le carni: ogni capo di questa razza indigena peserà all’incirca 1,3-1,8 kg. Per ovviare al problema dei furti, l’allevamento delle galline potrebbe essere affidato in gestione direttamente, a turno, alle varie comunità locali che, in tal modo, sarebbe costrette a “socializzare” e indire riunioni di gruppo.
La scelta di razze indigene, piuttosto che galline ovaiole più produttive, rende superflua la somministrazione ai capi di vaccini: le varietà indigene sono naturalmente più resistenti alle malattie e più facili da alimentare. Per ora, la razza più produttiva e più adatta per avviare un allevamento di galline in Africa è la “KARI Naivasha” migliorata, una razza selezionata che depone più uova delle indigene ordinarie, si parla di 300 uova all’anno.
Come è chiaro, le sfide da affrontare sono molte ma a sorprendermi di più non è la gestione dell’allevamento, bensì la risposta di Aldebrando alla mia domanda: “Perché lo fai?” La risposta è stata di una semplicità disarmante “Se non lo faccio io, chi li aiuta? Qui nessuno si muove! E loro ne hanno bisogno”.
L’ambizione di Aldebrando non è quella di “liberare l’Africa”, questa è la sua Speranza. Per ora il suo obiettivo è aiutare, per quanto nelle sue possibilità, una popolazione che sopravvive a stento alla fame.