L’osservazione diretta delle feci può rivelarsi di grande utilità nell’indirizzo diagnostico di alcune malattie, ma non è sufficiente a trarre immediate conclusioni. Alcune alterazioni nelle caratteristiche delle feci, infatti, possono essere comuni a diverse affezioni: coliti, tumori, polipi benigni, emorroidi, diete scorrette e malattie funzionali.
Ciò significa che il riscontro di qualcosa di anomalo a livello fecale deve essere inserito nel contesto clinico del paziente e la valutazione finale deve essere fatta dal medico che indirizzerà, eventualmente, verso accertamenti specialistici. Quindi, nessun allarmismo da parte del paziente ma neanche trascurare completamente il “linguaggio” delle feci.
Le feci sono composte per il 75 % di acqua e solo per il 25% di sostanze solide. Delle sostanze solide una frazione molto variabile è costituita dai residui di cellulosa (fibre) indigeriti. Le fibre vegetali nelle feci, anche se non contribuiscono molto al peso, sono importanti nel determinare il volume totale e la consistenza delle feci stesse.
Le fibre, infatti, essendo molto igroscopiche trattenengono acqua: per cui una dieta povera di fibre determina la formazione di feci scarse come volume e di consistenza molto sostenuta, favorendo la stitichezza.
Il 30% del peso secco delle feci è costituito da corpi batterici, derivanti dalla ricchissima flora intestinale; un 15% da sostanze inorganiche (calcio e fosfati); un 5% di sostanze grasse ed i loro derivati. Sono inoltre presenti piccoli quantitativi di cellule di desquamazione provenienti dalla mucosa intestinale, di muco e di enzimi digestivi.
Risulta, pertanto, che una parte notevole della massa fecale non è di origine alimentare e che le feci si formano anche durante il digiuno.
Forma e consistenza sono relative al maggiore o minore assorbimento dell’acqua dell’intestino. Normalmente le feci sono poltacee, pastose e cilindriche, mentre risultano abbondanti, molli, informi a causa di diete prevalentemente vegetariane. Nelle diete altamente ricche di proteine e di carboidrati l feci sono più scarse, più dure.
Nella stitichezza le feci sono dure, a “palla” o a “nastro”.
Negli stati diarroici di varia natura si hanno feci liquide e semiliquide; nelle enteriti si hanno feci gelatinose, ricche di muco; nell’insufficienza pancreatica e biliare si hanno feci molto poltacee; nell’insufficienza biliare si hanno feci a mastice.
La quantità emessa dipende essenzialmente dalla natura della dieta ed in particolare dal suo contenuto in fibre. Con una dieta regolare il valore normale è di 150-300 g nelle 24 ore per gli adulti. Valori superiori si possono avere nella dieta vegetariana.
Il normale colore delle feci varia dal marrone chiaro al marrone scuro e ciò è dovuto alla conversione chimica della bilirubina (che entra nella composizione della bile) in urobilina e stercobilina da parte dei batteri intestinali e degli enzimi. La bile, va precisato, viene prodotta dal fegato e riversata nell’intestino, dove favorisce la digestione e l’assorbimento dei grassi alimentari.
Vediamo un elenco dell’aspetto che le feci possono assumere e perché:
Non dimentichiamoci l’alimentazione: l’assunzione di carbone, liquirizia, mirtilli ed olive neri possono colorare di nero le feci.
La stitichezza, in genere, si associa a feci scure per una più lunga permanenza nel colon (mentre nella diarrea le feci sono molto più chiare).
La melena, come elemento differenziale dalle feci scure non da sanguinamento, ha un caratteristico odore acido, purtido, nauseante, particolarmente sgradevole.
L’odore delle feci è legato alla putrefazione degli aminoacidi che non sono stati assorbiti a livello intestinale. Le sostanze prodotte a seguito dell’azione dei batteri del colon (indolo, scatolo, putrescina, cadaverina, ecc,) sono responsabili dell’odore sgradevole delle feci.
Ci sono situazioni patologiche che accentuano il malassorbimento (celiachia, insufficienza pancreatica, infezioni intestinali, malattie infiammatorie intestinali, malattie del fegato e delle vie biliari, ecc.), altre volte invece il ridotto assorbimento è legato all’ingente quantità di alimenti che arrivano all’intestino. Particolarmente penetrante è la putrefazione di zuccheri e amidi che raggiungono il colon inassorbiti o mal digeriti che vengono fermentati dalla flora locale con produzione di gas volatili.
In definita l’odore delle feci è legato alle abitudini alimentari e allo stato di salute del nostro intestino. Una dieta bilanciata con pasti piccoli, e con l’accorgimento di evitare di introdurre contemporaneamente carboidrati e proteine (“dieta dissociata”), aiuta il nostro organismo ad una regolare digestione. Ciò riduce meteorismo e flatulenza e le feci conservano il proprio “caratteristico” odore.
Il muco nelle feci non sempre è un fenomeno patologico. Esso viene prodotto dal colon e la sua funzione è quella di lubrificare le feci favorendone lo scivolamento attraverso l’ano. Il suo colore è biancastro o bianco-giallognolo e di consistenza simile alla gelatina.
Un aumento della presenza di muco costituisce la spia di qualche processo morboso come: rettocolite ulcerosa, malattia di Crohn, coliti batteriche. In questi casi il muco si accompagna a diarrea e, spesso, a sanguinamento. Un aumento di muco lo si può trovare anche nel colon irritabile, nella celiachia, nelle allergie o intolleranze alimentari, nelle alterazioni della flora batteria intestinale a seguito di abitudini alimentari scorrette.
L’eccesso di muco è presente nei polipi (soprattutto di tipo villoso) e nei tumori del colon. In quest’ultimo caso il muco è roseo e/o misto a tracce ematiche.
Tale fenomeno si verifica quando all’interno delle feci c’è una discreta quantità di aria e grassi; il gas rende il grasso meno denso e questo aderisce tenacemente alle pareti del water. Causa di tale caratteristica delle feci è la diarrea ed in genere tutte le situazioni di malassorbimento con fermentazione e produzione di gas a livello intestinale.
La Bristol Stool Scale o Bristol Stool Chart o Scala delle feci di Bristol è uno strumento medico diagnostico, usato sia in ambito clinico che sperimentale, creato allo scopo di classificare in categorie la forma e consistenza delle feci umane; la scala prevede sette categorie distinte. Nel Regno Unito viene talvolta chiamata anche “Scala di Meyers” o (Meyers scale).
Sviluppata e proposta per la prima volta in Inghilterra da Heaton e Lewis dell’University Department of Medicine, Bristol Royal Infirmary, fu suggerita dagli autori come strumento di valutazione clinica nel 1997 sulla rivistaScandinavian Journal of Gastroenterology, dopo che un precedente studio prospettico, condotto nel 1992 su uncampione di popolazione (838 uomini e 1059 donne), aveva evidenziato un’inaspettata prevalenza di disturbi delladefecazione legati alla forma ed al tipo delle feci.
La forma e la consistenza delle feci dipendono con buona correlazione statistica dal tempo di permanenza delle stesse nel colon.
I sette tipi di feci previste dalla scala sono:
I Tipi 1 e 2 sono espressione di stipsi; i Tipi 3 e 4 rappresentano la forma/consistenza ideale, in particolare il tipo 4, in quanto sono i più facili da defecare. I Tipi 5 e 6 sono progressivamente tendenti alla diarrea, che è manifesta nel Tipo 7.
Nello studio iniziale è interessante notare come, nella popolazione esaminata con questa scala, le feci di tipo 1 e 2 fossero prevalenti nella popolazione femminile, mentre le feci di tipo 5 e 6 erano prevalenti nei maschi; inoltre, l’80% dei soggetti che riferivano tenesmo rettale (urgenza a defecare) avevano feci di tipo 7. Questi e altri dati hanno permesso di validare la scala così come proposta.
La scala di Bristol, inoltre, è molto sensibile ai cambiamenti dei tempi di transito intestinale provocati dai farmaci, come l’antidiarroico loperamide o dalla senna, sostanzaantrachinonica ad effetto lassativo.