Dopo vari tentativi di pervenire alla messa a punto di un occhio bionico, un team di ricercatori californiani si è già spinto oltre, puntando a una sorta di occhio “fotovoltaico”.
Il gruppo dell’Università di Stanford coordinato da James Loudin ha impiantato in un campione di ratti alcuni dispositivi retinici autoalimentati dalla tecnologia fotovoltaica. Pubblicato sulla rivista Nature Photonics, lo studio lascia intravedere una possibile applicazione sull’uomo grazie a un vantaggio non indifferente rispetto alle altre soluzioni fin qui praticate, ovvero l’assenza di cavi di alimentazione e di componenti esterne che assicurino l’apporto energetico di cui ha bisogno qualsiasi ritrovato tecnologico legato a una protesi oculare.
A differenza dei precedenti impianti sottoretinici ed epiretinici che richiedono un alimentatore esterno, i fotodiodi in silicio ricevono alimentazione e dati attraverso un’illuminazione pulsata nel vicino infrarosso, erogata attraverso gli occhiali video.
Stando ai risultati della prima sperimentazione su modello murino, le cellule retiniche dei ratti sembrano rispondere bene alla stimolazione elettrica a infrarossi: “la reazione della retina può essere attivata mediante l’intensità di luce vicino all’infrarosso e con almeno due ordini di grandezza inferiori ai limiti di sicurezza oculari, importante per evitare il riscaldamento del tessuto“, spiegano i ricercatori.
In futuro, quindi, un computer portatile potrà elaborare le immagini video di una minitelecamera montata sugli occhiali, e questi ultimi proietteranno le immagini sulla retina agendo in base a impulsi a infrarossi. I pixel presenti nella matrice dei fotodiodi sottoretinici convertiranno la luce in correnti di stimolazione locali, in modo da assicurare di nuovo la vista anche a chi l’ha perduta.
Daniel Palanker, uno degli autori della ricerca, spiega: “funziona come i pannelli solari sul tetto, converte la luce in corrente elettrica che fluisce nella retina.” I diversi prototipi realizzati attualmente richiedono bobine, cavi o antenne da porre all’interno dell’occhio con passaggi complessi e invasivi. Ma il nostro impianto retinico è sottile e facilmente impiantabile. Il chirurgo ha solo bisogno di creare una piccola tasca sotto la retina per lasciar scivolare le celle fotovoltaiche al suo interno.