Il reflusso acido è un problema di salute comunissimo, colpisce almeno il 50% degli italiani . Altri termini per indicarlo sono “reflusso gastro esofageo” o “ulcera peptica”
La malattia da reflusso gastroesofageo è una malattia che è causata da diversi fattori, come quelli alimentari, anatomici, funzionali, ormonali e farmacologici. Il tono dello sfintere esofageo inferiore (zona di passaggio tra esofago e stomaco) costituisce una barriera pressoria contro il reflusso ed è il componente più importante del meccanismo anti-reflusso.
Quando la pressione della zona si riduce, come ad esempio durante il passaggio di acqua o cibo, il materiale acido e non-acido risale dallo stomaco all’esofago (anche in condizioni normali). Se la quantità e la durata del reflusso superano una determinata soglia, si verifica la Malattia da Reflusso Gastroesofageo.
La pressione della giunzione tra esofago e stomaco mostra considerevoli variazioni diurne ed è influenzata dalla dieta, dagli ormoni circolanti e da alcuni farmaci. Un aumento della pressione intra-addominale, come nelle persone in sovrappeso e nelle donne in gravidanza, predispone maggiormente al reflusso.
I sintomi tipici della malattia sono:
I sintomi si possono presentare in modo continuativo durante la giornata, oppure in modo intermittente. Ad esempio, il reflusso può verificarsi al risveglio, dopo i pasti e durante la notte (tipicamente da mezzanotte alle 3 di mattina) o solo in posizione sdraiata e mentre ci si piega in avanti (es. mentre si allacciano le scarpe).
I sintomi “atipici” sono:
I farmaci anti reflusso e bruciore gastrointestinale più comuni sono gli inibitori di pompa protonica. Alcuni di questi medicinali, progettati per inibire la secrezione dell’acido gastrico, si possono acquistare in farmacia senza prescrizione medica. Generalmente si pensa che siano molto sicuri, ma ci sono rischi reali nell’assumere questi farmaci per lunghi periodi.
Le medicine più prescritte per il bruciore di stomaco sono Antra, Nexium, Limpidex, Maalox anti reflusso, Lansox,ecc., che sono molti efficaci nel bloccare la produzione di acido nello stomaco. Ma bloccare la produzione di acido nellostomaco è la peggiore soluzione al problema, anche perché non è una soluzione.
Il messaggio riecheggia già da diversi anni sulle riviste scientifiche. Adesso a fare il punto sui possibili eventi avversi – descritti da studi osservazionali, dunque non in grado di provare un nesso di causalità diretta – legati al consumo inopportuno di farmaci antiacidi è una review pubblicata sul Canadian Medical Journal Association.
Dalle sei pagine emerge che un uso prolungato degli inibitori di pompa protonica – che andrebbero assunti per non più di due mesi e intervallando i trattamenti con un periodo di pausa di diverse settimane – risulta correlato a un aumento delle fratture osteoporotiche , delle infezioni da clostridium difficile e da una riduzione dei livelli di magnesio e di vitamina B12 nel sangue.
Motivo per cui, secondo gli estensori del paper, «c’è l’urgenza di identificare una strategia in grado di limitare le prescrizioni inappropriate di questi farmaci e di valutare in maniera comparativa gli effetti degli inibitori di pompa protonica e degli H2 antagonisti, anch’essi efficaci nella prevenzione delle ulcere gastriche».
questi farmaci, tra le altre controindicazioni, tendono ad ostacolare la digestione e l’assorbimento di importanti nutrienti provocando carenze nutrizionali, in primis per il calcio.
Spesso ne risulta una carenza di vitamina B12, ferro, zinco, acido folico, calcio e magnesio. Incremento di tossine e squilibrio del ph intestinale possono essere altri effetti dell’uso di questi antiacidi, effetti che elevano il rischio di infezioni in particolare.
Questi farmaci sono quindi particolarmente controindicati se si soffre di osteoporosi in quanto aumentano il rischio di fratture impedendo l’assorbimento del calcio, e se si soffre già di qualche carenza nutrizionale che potrebbe essere acuita dall’uso degli antiacidi.
Risale a pochi mesi fa uno studio pubblicato su Plos One da cui è emerso che, tra quasi due milioni di pazienti che soffrivano di bruciore di stomaco, chi faceva uso degli inibitori di pompa protonica aveva un rischio più alto tra il 16 e il 21 per cento di incorrere in un infarto del miocardio. Questa classe di farmaci è utilizzata soprattutto nella popolazione anziana.
Ed è a loro che qualche anno fa ha voluto guardare un gruppo di medici italiani Guidati da Marcello Maggio, docente di clinica medica e geriatria all’Università di Parma. Osservando un gruppo di pazienti anziani dimessi da undici reparti italiani per acuti di medicina interna e geriatria, i ricercatori (coinvolti anche gli atenei di Ancona e Baltimora) hanno indagato la relazione tra l’uso di inibitori di pompa protonica e la mortalità.
Dal lavoro, pubblicato sul Journal of the American Medical Association, è emerso un aumento superiore al cinquanta per cento del rischio di mortalità tra gli utilizzatori di inibitori di pompa protonica nell’anno successivo alla dimissione.
IN CONCLUSIONE
L’utilizzo di questi farmaci, estremamente efficaci se ben utilizzati, dovrebbe essere sempre limitato a pazienti nei quali l’ indicazione è corretta, al minimo dosaggio efficace e per il minor tempo necessario secondo le indicazioni del medico e mai autoprescritti o utilizzati senza una precisa ragione