Psicologia delle catastrofi, è questa la chiave che indurrà un cambiamento di rotta. Se l’atteggiamento dell’uomo non sarà fortemente modificato ci aspettano uragani, migrazioni e violenze. Tutte conseguenze del declino ambientale.
L’articolo si intitola “Psychology’s Contributions to Understanding and Addressing Global Climate Change” ed è stato pubblicato nel numero di maggio-giugno di “American Psychologist“. I cambiamenti climatici toccano in primis gli ambientalisti ma ad affiancare questa categoria, nella lotta al riscaldamento globale, ci sono proprio gli psicologi.
«Il cambiamento climatico pone rischi significativi, e in molti casi già colpisce, una vasta gamma di sistemi naturali e umani»
Gli psicologi dovranno lavorare a stretto contatto con le industrie, le scuole e la pubblica amministrazione per modificare i comportamenti umani che influenzano i cambiamenti climatici partendo da fattori determinanti psicologici che guidano l’azione umana.
Janet K. Swim, della Pennsylvania State University, scrive nel suo articolo:
«La psicologia è fondamentale per capire le cause umane e le conseguenze dei cambiamenti climatici. Inoltre, la psicologia può svolgere un ruolo significativo per contribuire a limitare o mitigare il cambiamento climatico»Secondo Paul C. Stern, del National research Council «Il ruolo che possono svolgere gli psicologi può essere diverso da quel che molti si aspettano. I contributi psicologici per limitare il cambiamento climatico non cercherà di cambiare gli atteggiamenti delle persone, ma contribuirà a rendere le tecnologie a basse emissioni di carbonio più attraenti ed user-friendly, gli incentivi economici più trasparenti e facili da utilizzare e le informazioni più fruibili e pertinenti per le persone che ne hanno bisogno»
«Negli Stati Uniti, l’utilizzo dei veicoli a motore e del riscaldamento sono le cause più significative del cambiamento climatico e quindi i più importanti obiettivi di riduzione delle emissioni».
E’ chiaro, le industrie influenzano molto il “global warming“, ma secondo una stima pubblicata sull’American Psychologist, l’impatto umano è altrettanto significativo. Le azioni individuali di ogni essere umano e delle famiglie, hanno un impatto maggiore anche del settore industriale, con circa il 38% di emissioni di gas serra.
Il ruolo degli psicologi. Queste figure professionali dovrebbero aiutare l’umanità alla mitigazione e all’adattamento. Prendendo in considerazione le diverse culture ed i fattori etici: bisogna scindere le reali esigenze da quelli che sono semplici desideri dettati dalle mode delle masse.
La chiave di ogni problema è la “consapevolezza“, si potrebbe utilizzare la “psicologia delle catastrofi” per indurre l’essere umano ad assumere un comportamento più rispettoso nei confronti dell’ambiente. Questo significa che ogni individuo deve tenere ben presenti le conseguenze del global warming: disastri naturali, condizioni climatiche estreme, conflitti per le risorse, migrazioni, stress ambientale cronico… Pur essendo conseguenze indirette, l’ansia e l’incertezza svolgono un ruolo concreto che colpisce la salute mentale di ogni individuo.
La negazione è un altro potete fattore psicologico. Tracciando la mappa delle reazioni degli americani di fronte ai cambiamenti climatici si nota che il 33% è preoccupato, il 19% è cauto mentre il 12% non se ne interessa. In ogni caso, su tutti gli intervistati entrano in gioco fattori come sensi di colpa, dubbi e rabbia. Bisogna imparare a sfruttare i sentimenti primordiali che insorgono nelle persone in prospettiva ai danni indotti dai cambiamenti climatici.
Un esempio lampante della strategia psicologica è il disastro di Fukushima e l’impatto che ha avuto in Italia: il governo, da subito intenzionato ad attivare nuove centrali nucleari, ha vacillato perché ha preso consapevolezza delle eventuali conseguenze.
Nel piccolo, lo stesso meccanismo può essere spiegato con uno studio condotto sui forni a microonde. Molte persone potrebbero benissimo fare a meno di questo elettrodomestico se “spaventate“, bisognerebbe indurre l’umanità all’azione prima che sia troppo tardi.
«La Disperazione – spiegano gli autori dell’articolo di American Psycologist – è una delle reazioni più diffuse di fronte all’enormità della crisi del cambiamento climatico, e purtroppo è una delle più pericolose. Le persone che hanno davvero smesso di credere che ci siano soluzioni per un problema, smettono anche di attuare qualsiasi tentativo per risolverlo. Se siete dal concessionario per l’acquisto di una nuova auto, perché non acquistare un fuori strada?! Tanto il pianeta in ogni caso andrà all’inferno. Questo tipo di pensiero è il più dannoso ed è dettato dalla disperazione che insorgerà se non si previene e non si gioca di anticipo»
Siccità, inondazioni e uragani, questi sono i danni diretti del global warming ma ci sono anche catastrofi indirette: uno studio ha messo in stretta correlazione due fattori, secondo le ricerche il caldo indurrebbe un aumento delle violenze tanto è vero che i tassi di omicidio tendono ad aumentare durante il periodo estivo. Secondo le stesse stime effettuate, un aumento di circa un grado, negli Stati Uniti, indurrebbe 24.000 omicidi in più, ogni anno.
Fortunatamente c’è ancora tempo per “invertire” o almeno rallentare la rotta presa dall’umanità che porterà inevitabilmente ad un catastrofico declino ambientale. Gli psicologi potrebbero aiutarci proprio per indurre un netto cambio di rotta, partendo dai meccanismi mentali che ci accompagnano quotidianamente così da rendere i nostri atteggiamenti più cauti e rispettosi nei riguardi del Pianeta, della nostra casa comune.
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