I cani hanno un’età compresa tra i 3 e i 9 anni e provengono da un servizio che impiega cani di conforto sin dal 2008, lanciato dalla Lutheran Church Charities (LCC).
I Golden Retriever hanno ricevuto una formazione completa e continueranno a ricevere aggiornamenti nel corso del tempo. Alcuni di loro sono già abituati a viaggiare per gli Stati Uniti fornendo supporto emotivo a persone esposte a traumi, come per esempio sopravvissuti a disastri naturali, a rapimenti o, appunto, a sparatorie di massa.
Cubby, per esempio, ha già aiutato vittime di sparatorie di massa in diverse occasioni. L’ultima volta appena lo scorso novembre, dopo l’assalto alla Oxford High School, in Michigan, durante il quale morirono 4 persone e 7 vennero ferite.
In questo momento attorno a questa speciale squadra di Golden Retriever c’è moltissimo interesse. In tantissimi infatti vorrebbero fare qualcosa per aiutare i sopravvissuti della strage di Uvalde ed è proprio ciò che questi “fantastici 8” proveranno a fare, come spiegato da Bonnie Fear, coordinatrice dell’unità cinofila.
Fear, che è intervenuta nel corso del popolarissimo programma “Good Morning America” ha spiegato nel dettagio di cosa si occuperanno. Dopo che saranno arrivati a Uvalde, i cani proveranno spontaneamentea legare con i sopravvissuti: “Le persone ora sono sconvolte e non hanno ancora la prontezza per elaborare, ascoltare o anche solo rispondere alle domande. Come si può facilmente immaginare. Per questo motivo preferiamo lasciare che i cani entrino in empatia con loro. La maggior parte delle volte le persone sotto choc riescono a esprimere meglio i loro sentimenti. La nostra presenza, come operatori umani, è quasi sempre silenziosa. Stiamo lì con loro nel dolore”
Anche il presidente e CEO di Lutheran Church Charities, Tim Hetzner ha spiegato l’importanza dei cani da supporto emotivo. L’uomo ha raccontato di quanto avvenuto dopo la sparatoria di Sandy Hook del 2012 nella scuola elementare a Newtown, nel Connecticut, che causò la morte di 20 bambini e sei adulti.“Quattro giorni dopo la sparatoria siamo stati chiamati da una delle comunità che stava ospitando alcune delle famiglie colpite. Lì abbiamo conosciuto una coppia con il loro bambino. All’epoca avevo un cane di nome Howe. Lui ha guardato il ragazzo, si è alzato, si è avvicinato e si è accucciato tra le sue gambe.
Questo ha aiutato molto il ragazzo che fino a quel momento era rimasto molto rigido. Si è sdraiato al suo fianco per un po’, dopo circa 15 minuti ha iniziato a parlargli e gli ha raccontato tutto ciò che era successo in quella classe. I genitori hanno iniziato a piangere perché era la prima volta che parlava in quattro giorni. La prima volta e lo ha fatto con un cane”.