Strategie integrate per conservare la biodiversità e le risorse della terra
Un nuovo studio condotto dal consorzio Nature Map intitolato “Areas of global importance for conserving terrestrial biodiversity, carbon, and water” pubblicato su Nature Ecology and Evolution propone un nuovo metodo per per la pianificazione territoriale.
La transizione ecologica è al centro delle nuove economie globali per cui ogni settore rientrerà in una strategia di riconversione.
A partire dalla progettazione e strategie che passano dalla gestione dell’uso del suolo per l’agricoltura, le infrastrutture, la conservazione della biodiversità, la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione e fornitura di acqua, energie rinnovabili.
Mappa globale per la biodiversità
L’analisi si è incentrata nell’individuare le aree di importanza globale da conservare e proteggere, in relazione con il numero di specie animali e vegetali a rischio estinzione e in base alle risorse come stock di carbonio terrestre vulnerabili e risorse di acqua dolce.
E’ la prima volta che uno studio ha creato una mappa incrociata considerando diversi dati tenendo conto della biodiversità, il carbonio e la conservazione dell’acqua, inseriti in un’unica mappa.
Tra i dati inseriti, anche la distribuzione delle piante (circa il 41% di tutte le specie vegetali) e le specie a rischio di estinzione.
“Per implementare le strategie sulla biodiversità post-2020 come il Global Biodiversity Framework, i responsabili politici e i governi hanno bisogno di chiarezza su dove le risorse e la gestione della conservazione potrebbero portare i maggiori benefici potenziali alla biodiversità”.
Commenta Martin Jung del Biodiversity and Natural Resources Program (BNR), dell’International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA), principale autore dello studio.
Allo stesso tempo, prosegue Jung, “la biodiversità non dovrebbe essere considerata isolatamente”.
Priorità globali
Il ricercatore spiega che “altri aspetti come la conservazione degli stock di carbonio all’interno degli ecosistemi naturali dovrebbero essere presi in considerazione insieme alla biodiversità, in modo che possano essere valutati sia le sinergie che i compromessi da fare quando si perseguono più obiettivi”.
Si tratta di una mappa sulle priorità globali che contribuisce a identificare aree da gestire per la conservazione.
Tra queste aree protette o foreste gestite dalla comunità per le quali la qualità (ubicazione ed efficacia gestionale) è più importante della quantità (estensione globale).
Spiega un altro autore dello studio, Piero Visconti, a capo del BNR IIASA, aggiungendo che “per puntare alla qualità della conservazione e raggiungere l’obiettivo della salvaguardia della biodiversità, le agenzie governative e non governative dovrebbero stabilire obiettivi e indicatori per quel che vogliono: conservare le specie, ecosistemi sani e i loro servizi alle persone e identificare le aree da conservare di conseguenza. Il nostro studio fornisce indicazioni su come farlo”.
Strategia di conservazione del territorio
La ricerca ha messo in evidenza che sarebbe sufficiente la conservazione di un 30% di territorio “strategico” per “salvaguardare oltre il 62% del carbonio vulnerabile sopra e sotto terra e il 68% di tutta l’acqua dolce, garantendo al contempo che oltre il 70% di tutte le specie di vertebrati e vegetali terrestri non siano minacciate di estinzione”.
Lo stesso Jung spiega come i “metodi, dati e mappe delle priorità globali sono pensati per essere utilizzati come strumento di supporto decisionale per le principali iniziative di conservazione. Inoltre, lo studio pone le basi per una nuova generazione di priorità e attività di pianificazione integrate che tutti gli attori possono utilizzare per informare le scelte di conservazione a livello regionale, nazionale e subnazionale”.
Per raggiungere questi obiettivi, è necessario delineare a livello globale un’azione strategica in località selezionate, individuando interventi e fondi da destinare per la conservazione delle aree.
Biodiversità e lavoro
Non a caso, una coautrice dello studio, Lera Miles, del World Conservation Monitoring Center dell’United Nations environment programme, ha spiegato che questa riconversione può essere un contributo allo sviluppo.
“Questo tipo di approccio può supportare i decisori nel dare priorità ai luoghi dove attuare lavori di conservazione e mostra quanto potrebbero guadagnarne sia le persone che la natura”. Sottolinea la Miles, spiegando che “per avere successo a lungo termine, queste aree devono essere gestite in modo efficace ed equo. Questo include il rispetto dei diritti e l’empowerment delle popolazioni indigene e delle comunità locali”.