L’ultimo censimento dell’agricoltura condotto dall’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) ci riferisce che sono circa 1,62 milioni le aziende agricole attive sul territorio italiano e il 61% di queste ha una superficie agricola utilizzata inferiore ai 3 ettari. Si tratta di piccole realtà agricole che, per produrre utile possono sfruttare la cosiddetta vendita diretta.
Le piccole aziende agricole italiane svolgono attività connesse alla trasformazione dei prodotti, con vendita diretta delle materie prime o dei prodotti ottenuti da esse (olio, aceto, conserve, succhi di frutta, uova, carni di allevamento…). Ma come funziona la vendita diretta dei prodotti agricoli o cosa dice la normativa aggiornata?
Sommario:
La vendita diretta prodotti agricoli può sostenere l’economia familiare aggiungendosi al beneficio legato all’autoconsumo dei prodotti ottenuti dalla terra. Cosa può vendere un coltivatore? Il coltivatore può sfruttare la vendita diretta di tutti i beni che possono confluire nel cosiddetto reddito agrario, così come disposto dal decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze 13-2-2015.
Chi può sfruttare la vendita diretta di prodotti agricoli? Imprenditori agricoli, coltivatori diretti che vendono prodotti ottenuti in prevalenza dal proprio terreno. In sostanza, possono sfruttare la vendita diretta:
La principale normativa di riferimento è contenuta nell’articolo 4 del Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, il cui ultimo aggiornamento risale al 2019) riguardante l’esercizio dell’attività di vendita.
Nel primo comma, la legge stabilisce che: «Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese di cui all’art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580. Possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità».
Lo stesso Decreto Legislativo (articolo 1) ha modificato l’articolo 2135 del Codice Civile che definisce l’imprenditore agricolo (comma 1) come: «chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse».
Il comma 3 specifica: «Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali. Nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata. Ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge».
La normativa è chiara, qualsiasi azienda agricola, anche di minima estensione e dimensione economica, può effettuare la vendita diretta.
Per vendere i prodotti agricoli bisogna essere un’azienda agricola (o impresa agricola). Come aprire un’azienda agricola? Ecco gli adempimenti fiscali previsti dalla legge.
Quando gli incassi sono inferiori ai 7.000 euro all’anno non c’è obbligo di dichiarazione dei redditi e dell’IVA. Non vi è neanche l’obbligo di tenere alcun tipo di contabilità e bisogna emettere fattura solo se l’azienda agricola sta vendendo prodotti a un’altra azienda o impresa. Quindi non in caso di vendita diretta al privato.
Per particolari esigenze e quesiti, gli uffici a cui rivolgersi sulla normativa vigente sono i seguenti:
In realtà, se gli introiti sono inferiori ai 7.000 euro all’anno, è possibile accedere alla vendita diretta dei prodotti agricoli con il regime di esonero IVA. In questo regime, hai una partita IVA ma sei esonerato da:
Aprire una partita IVA non costa nulla. Per farlo bisogna rivolgersi agli uffici preposti dell’Agenzia delle Entrate. In questo contesto, non si paga l’IVA e gli unici adempimenti per il coltivatore agricolo consistono nella conservazione delle eventuali fatture di acquisto di materiale inerente all’attività. Queste fatture delle tue spese dovranno essere solo conservate perché non vige l’obbligo di alcuna comunicazione
Nel caso di vendita diretta a privati dei propri prodotti agricoli non vi è l’obbligo di rilasciare né lo scontrino né la ricevuta fiscale.
L’agricoltore che rientra nel regime di esonero è anche esonerato dall’iscrizione al Registro delle Imprese delle Camere di Commercio.
In ogni caso, gli agricoltori in possesso di Partita IVA, che intendono vendere direttamente i propri prodotti ai consumatori, non sono tenuti a possedere la licenza commerciale né un’apposita autorizzazione; sono solo tenuti a presentare al Comune una comunicazione, e in base alla regola del silenzio-assenso, l’attività può essere iniziata decorsi 30 giorni dalla presentazione della stessa (Decreto legislativo n. 228 del 18/5/2001).
Questa attività non è in linea con ciò che prescrive la legge. La normativa prevede la possibilità di vendita diretta senza partita IVA solo per la cosiddetta “vendita occasionale”. In questo contesto, il coltivatore potrà partecipare ai mercatini di paese e alle varie manifestazioni per vendere i propri prodotti agricoli ma non potrà eseguire un’attività continua.
Per essere considerata “occasionale” l’attività di vendita deve essere effettuata in “modo accidentale”, cioè sporadico, senza essere svolta con continuità nel tempo. In questo ambito, è possibile vendere prodotti agricoli senza superare i 4.800 euro all’anno. La legge impone di riportare i redditi ottenuti dall’attività occasionale nella dichiarazione dei redditi.
I coltivatori diretti possono accedere alla vendita diretta prodotti agricoli e godere dell’esonero dei contributi INPS. La circolare 11 maggio 2017, n. 85 ha fornito le indicazioni operative per la fruizione dell’esonero dei contributi INPS per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali.
Per il settore agricolo l’esonero contributivo è riconosciuto esclusivamente entro i limiti del regime de minimis che, come specifica la circolare, è pari a 15.000 euro. In caso di superamento di tale soglia, quindi, l’esonero non potrà essere concesso, neppure per la parte che non superi il massimale. La circolare INPS 22 febbraio 2018, n. 32 fornisce chiarimenti in merito all’applicazione del regime de minimis ai coltivatori.
Se sei un coltivatore diretto o un imprenditore agricolo a questa pagina dell’INPS troverai tutte le informazioni sull’esonero dal versamento dei contributi previdenziali.
I piccoli allevamenti, anche come il classico pollaio per la produzione e vendita di uova, dovrà essere censito nei registri dell’ASL. La procedura di registrazione è gratuita e andrebbe fatta anche non in caso di vendita diretta di uova e altri prodotti derivati.